"Nel 1983 Giovanni Bontate, l'uomo più ricco di Cosa Nostra, si affidò a un legale palermitano ancora poco noto. Che lo difese fino alla Cassazione. Era il futuro presidente del Senato.
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L'avvocato non si è mai occupato delle questioni penali, ma soltanto di contestare il sequestro dei beni ed impedire che venissero confiscati. Per quasi cinque anni ha assistito il boss, studiandone le proprietà per sostenere con minuziosi interventi la legittimità delle sue ricchezze e soprattutto cercando di dimostrare i limiti dell'attività degli investigatori. "
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